Alimentazione nello sport

Gruppo di runner

L’alimentazione nella pratica motoria e sportiva

Per chiunque svolga attività motoria, sia esso un atleta di alto livello o un comune praticante, l’alimentazione si differenzia da quella di una persona sedentaria soprattutto dal punto di vista quantitativo. Ciò non toglie che le esigenze collegate al dispendio energetico e al recupero richiedano, anche, piccoli ma estremamente significativi adattamenti dal punto di vista qualitativo.

Nel contempo occorre considerare che l’alimentazione è un’azione prettamente individuale e perciò legata alle caratteristiche dei singoli soggetti in quanto individuali sono sia i dispendi che le capacità di recupero.

Non esiste perciò la razione dell’atleta ma di quell’atleta, non del praticante ginnastica aerobica ma di quel praticante.

Dobbiamo ricordare che uno stile nutrizionale è caratterizzato:

  1. dai gusti, dalle tradizioni e dalle esperienze personali
  2. dall’apporto energetico necessario
  3. dalla composizione per macro e micro nutrienti più adatta

Occorre considerare inoltre che vi possono essere esigenze di idratazione e di apporto proteico differenti, nonché eventuali esigenze di prodotti dietetici specifici aggiuntivi (integratori).

Proteine

Riguardo al fabbisogno proteico è opportuno rammentare che, nonostante quanto si afferma nelle palestre, non è vero che gli sportivi o chi svolge attività manuale ha bisogno di particolari supporti proteici. L’aliquota proteica non deve essere aumentata oltre 1,8 – 2 g di proteine al giorno per Kg di peso, neppure da chi pratica sport di potenza, come l’atletica pesante.

La stessa considerazione vale anche per gli integratori proteici quali la creatina e la carnitina. La tendenza ad aumentare l’aliquota proteica è piuttosto diffusa tra chi assume ormoni anabolizzanti. Gli ormoni, aumentando artificialmente l’aspetto anabolico, provocano il bisogno di disporre di una maggior quota di proteine da destinare allo sviluppo della massa muscolare. Inoltre, dal momento che l’assun¬zione degli ormoni anabolizzanti è spesso negata dai soggetti interessati, la dieta iperproteica diventa una sorta di giustificazione dell’ipertrofia muscolare.

Lipidi

È evidente che in attività sportive molto dispendiose quali, ad esempio, gli sport di lunga durata, l’apporto di lipidi è invece importante in quanto consente di assumere un volume di cibo minore e di impegnare limitatamente i processi digestivi.

I lipidi sono presenti sia negli alimenti di origine vegetale che in quelli di origine animale. La loro quota complessiva rispetto al totale delle calorie giornaliere assunte è del 25-30%. Generalmente, i lipidi di origine vegetale sono più ricchi di acidi grassi insaturi considerati protettivi per la salute, mentre quelli di origine animale, cosiddetti saturi, vengono considerati potenzialmente nocivi.

Alcune ricerche scientifiche sottolineano il ruolo protettivo per la salute di una particolare categoria di lipidi, gli omega 3 che, non essendo sintetizzati dall’organismo, debbono essere assunti attraverso l’alimentazione (ricordiamo che non ne assumiamo sufficientemente con la dieta se non mangiamo almeno 2-3 volte aola settimana pesce azzurro).

In particolare, sem¬brerebbe che il loro ruolo di protezione sia soprattutto riferibile al sistema cardiovascolare e del sistema immunitario.In particolare, sembrerebbe che il loro ruolo di protezione sia soprattutto riferibile al sistema cardiovascolare e del sistema immunitario.

Carboidrati

La quantità dei glucidi (per l’80% polisaccaridi) deve rappresentare il 55-65% della quota energetica totale giornaliera.

La distinzione dei carboidrati in “semplici” e “complessi” riguarda la velocità di assimilazione, cioè il tempo che impiegheranno per essere digeriti, quindi “smontati” e ridotti a molecole elementari e oltrepassare la parete intestinale e di entrare nel sangue.

Sono carboidrati complessi, e perciò più lenti nella digestione, i carboidrati dei legumi, della pasta, del pane o del riso (composti da amido, una molecola molto lunga e complessa che i nostri enzimi debbono accorciare nella digestione e quindi danno un senso di sazietà più a lungo)
Sono considerati carboidrati semplici e di rapido assorbimento quelli dello zucchero della frutta e dei dolci e delle bibite.

Inoltre aggiungendo fibre a ogni pasto (verdure), si rallenterà la risposta glicemica dell’organismo.
Gli alimenti con un indice glicemico alto in pratica fanno produrre all’organismo più insulina che può portare alla formazione di tessuto adiposo e al soprappeso
(vedi capitolo indice glicemico).

Quindi la cosa ideale prima dell’allenamento sarebbe mangiare carboidrati complessi, che sono spesso quelli con indice glicemico più basso, per non rischiare una precoce insorgenza della sensazione di fame.

I minerali

Come regola generale, per ottimizzarne l’assunzione dei minerali, i diversi alimenti dovrebbero essere mangiati di stagione e freschi, meglio se di produzione biologica. La cottura svolge un ruolo importante, ad esempio le verdure andrebbero cotte non ad alte temperature.

  • Il tipo di attività fisica e l’ambiente climatico nel quale essa si svolge determinano una maggiore o minore sudorazione e, conseguentemente, una maggiore o minore esigenza di reintegrare due macrominerali, il sodio e il cloro. vapore o in poca acqua per un tempo il più limitato possibile e poi consumate in tempi brevi
  • I minerali ritenuti “più importanti” nel regime nutrizionale di chi pratica con continuità attività fisica e sportiva sono: il sodio, il cloro e il potassio, necessari per un corretto bilancio idrico, per l’equilibrio acido-base e per il mantenimento della pressione osmotica dei liquidi corporei.

Si è recentemente ipotizzato che la carenza di magnesio possa essere associata alla cosiddetta “sindrome da fatica cronica” che si manifesta con astenia generale, debolezza muscolare, crampi ed irritabilità.

Va anche sottolineata l’importanza del magnesio non soltanto nelle attività sportive di tipo aerobico ma anche negli sport di potenza e, quindi, in alcune discipline tipiche della palestra che, se intense e prolungate, possono indurre una variazione di peso.

Se l’attività fisica è molto intensa e occupa due o più ore al giorno è opportuno, per non andare incontro ad una carenza di questo minerale, seguire una dieta equilibrata e proporzionalmente più calorica.

Ferro

Nei praticanti sportivi delle discipline aerobiche o che comunque si basano su uno sforzo prolungato (anche se misto tra attività aerobica ed attività anaerobica) spesso si assiste alla cosiddetta “pseudoanemia da emodiluizione” che è, al contrario di ciò che comunemente si pensa, un adattamento cardiocircolatorio estremamente positivo: un consistente aumento del liquido ematico circolante che migliora la fluidità di scorrimento e i processi di raffreddamento durante lo sforzo.

Comunque è importante verificare che l’atleta abbia rispettato i giusti apporti di ferro nella propria alimentazione: circa 10 mg di ferro al giorno per gli uomini e per le donne in menopausa, circa 18 mg al giorno per le donne in età fertile. Poiché ogni 1.000 kcal ingerite l’apporto di ferro è mediamente di 6 mg, risulta chiaro che la carenza di tale minerale generalmente non si osserva negli atleti che praticano attività molto dispendiose che li portano ad assumere 3.000 o più kcal, mentre è più frequente negli sport con categorie di peso o nelle discipline nelle quali il rapporto peso/potenza ha un notevole rilievo.

Se lo stile alimentare è corretto e, quindi, tale da assicurare un sufficiente apporto di ferro e se il soggetto non presenta condizioni patologiche tali da determinarne una continua perdita, l’eventuale carenza di ferro potrebbe essere il sintomo di un eccesso di attività fisica e sportiva rispetto alle reali capacità di recupero del soggetto.

L’assorbimento di ferro aumenta in presenza di “agenti riducenti” come la vitamina C contenuta nella frutta e nei vegetali, l’acido malico (presente soprattutto nelle mele), l’acido tartarico (vino bianco e frutta), l’acido lattico (crauti e cibi fermentati) e l’acido citrico (agrumi in genere).

Occorre anche considerare che caffè e tè agiscono come inibitori a livello gastrointestinale per il loro contenuto in tannino. Allo stesso modo un eccesso di latte o latticini interferisce negativamente sull’assorbimento del ferro.

Vitamine

Esaminiamo le vitamine più importanti in chi pratica attività fisica costante.

La vitamina B1

È presente soprattutto nei prodotti di origine animale, nei cereali integrali, nei legumi, nelle noci, nelle nocciole e nel lievito di birra.
Il fabbisogno è di circa 1 milligrammo giornaliero da aumentare nei praticanti sportivi fino ad un massimo del 50% (raggiungendo il dosaggio di 1,5 milligrammi), in proporzione alla durata e all’intensità dell’attività fisica svolta.

Vitamina B2

La frutta e la verdura che compriamo negli scaffali dei supermercati sono spesso povere di micronutrienti, sia a causa dei terreni che vengono sfruttati a coltura intensiva, con impoverimento di minerali utili all’uomo, sia soprattutto a causa del fatto che tra la raccolta e il consumo passano persino dei mesi, con perdita di gran parte delle vitamine.

Inoltre, l’italiano medio consuma un’insufficiente quantità di frutta e verdura, ben lontana dalle 5 porzioni e oltre al giorno richieste dalla moderna piramide del mangiar sano.

Ad ogni modo, è importante che sappiate che un deficit di micronutrienti, porta ad affaticamento e ad accumulo di grasso. In particolare le vitamine del gruppo B sono essenziali per il metabolismo energetico.

Vitamina C

È una vitamina estremamente importante in quanto svolge un ruolo significativo in molteplici funzioni: è fondamentale per l’azione antiossidante e antiradicalica, è importante nella sintesi e nel metabolismo del collagene, rafforza il sistema immunitario, favorisce l’assorbimento del ferro, concorre alla sintesi della carnitina, interviene nel metabolismo dell’acido folico, previene la formazione di nitrosamine (sostanze cancerogene) derivanti da alcuni conservanti, partecipa alla sintesi delle prostaglandine, delle catecolamine e degli ormoni corticoidi, protegge denti.

L’acido ascorbico è molto diffuso in natura, soprattutto nella frutta acidula ma anche in molti altri tipi di frutta e in numerosi vegetali (cavoli, broccoli, insalate) e nelle patate.

Come per i minerali vige la regola che per ottimizzarne l’assunzione delle vitamine , i diversi alimenti dovrebbero essere mangiati di stagione e freschi, meglio se di produzione biologica.

L’alimentazione giornaliera nella pratica sportiva

Per quanto riguarda il fattore quantitativo, la FAO ha stabilito in “un grammo per kg di peso corporeo” il fabbisogno proteico di un individuo.Sappiamo invece che in determinate condizioni il fabbisogno proteico aumenti come negli atleti e più in generale delle persone che svolgono un lavoro fisico pesante. Per esempio un bodybuilder ha certamente bisogno di un maggiore apporto proteico, e questo per diversi motivi. Prima di tutto per la necessità di sintetizzare nuove proteine, ma anche per la maggiore percentuale di massa magra dato che possiede più muscoli rispetto ad un sedentario.

Oltre a questo un atleta presenta un turn over proteico molto più alto di un sedentario, quindi tutti i processi di distruzione e ricostruzione (catabolismo-anabolismo) che interessano le molecole proteiche avvengono più velocemente.

Apporto proteico ottimale: calcolato in base al fabbisogno proteico

Attività fisica moderata1,0 – 1,3 gr per kg
Sport aerobici1,3 – 1,5 gr per kg
Fitness1,3 – 1,5 gr per kg
Sport anaerobici1,5 – 1,8 gr per kg
Bodybuilder amatori1,5 – 2,0 gr per kg
Bodybuilder competitivo2,0 – 2,5 gr per kg

Infatti, nell’esercizio fisico protratto oltre l’ora anche le proteine muscolari concorrono nel metabolismo energetico.

A tale proposito è stata posta da tempo la questione di quale debba essere l’apporto nella dieta degli aminoacidi ramificati, che nei soggetti praticanti attività di resistenza sostengono proprio l’attività catabolica.

La circolare del Ministero della Sanità del 1999 consiglia un apporto giornaliero di aminoacidi a catena ramificata non superiore a 5 grammi. Ma essi sono ampiamente diffusi negli alimenti ( 6 g in 100 g di carne)e quindi in generali non è il caso di supplementarli

Inoltre occorre tenere presente che, con il trascorrere delle settimane e dei mesi di allenamento, l’adattamento mecca¬nico e fisiologico si traduce in un minor costo a parità di carico di lavoro e, quindi, anche il fabbisogno di proteine diminuisce.

Il restante 25-30% dell’apporto calorico deve provenire dai lipidi che, se la pre¬stazione fisica è di lunga durata e di intensità bassa, vengono utilizzati come fonte energetica.

Integratori nutrizionali: uso ed abuso

Il ricorso agli integratori nutrizionali è molto diffuso tra i praticanti sportivi dei diversi livelli, benché la letteratura scientifica non riporti dati certi sulle loro funzioni ed i loro effetti, così come vengono invece promossi al pubblico.

L’assunzione di singoli nutrienti sotto forma di integratori, in dosi massicce e per periodi prolungati, necessita di attento controllo per i potenziali rischi legati all’utilizzo, in particolar modo quando associata a comportamenti dietetici squilibrati.

Tra i praticanti del body building è diffusa la convinzione che una dieta iperproteica, ulteriormente integrata con proteine purificate, costituisca il fattore fondamentale per lo sviluppo delle masse muscolari. Il sovraccarico proteico tuttavia costituisce un fattore di rischio nei soggetti con problemi renali e può procurare, in tutti i soggetti, importanti danni a carico di fegato e reni.

Per tale ragione chi segue una dieta iperproteica, soprattutto accompagnata dalla integrazione con proteine purificate, deve idratarsi in maniera adeguata ed essere monitorato con attenzione, affinché un eccessivo e dannoso apporto proteico non danneggi gli organi menzionati causando patologie epatiche e renali.

È opportuno ricordare infine che la circolare 7 giugno 1999, n.8, del Ministero della Salute (G.U. 135 del 11/6/1999) “Linee – guida sugli alimenti adattati ad un intenso sforzo muscolare soprattutto per gli sportivi” consiglia un apporto giornaliero di proteine (dieta più eventuali integratori) non superiore a 1,5 g/Kg di peso corporeo.

Aminoacidi – Creatina

La supplementazione con creatina nei praticanti sportivi persegue l’obiettivo di incrementare le riserve energetiche di fosfocreatina e, quindi, la capacità di svolgere attività di elevata intensità, come confermano i risultati di diverse ricerche; alcuni studi evidenziano tuttavia una risposta individuale molto differenziata. Studi sperimentali hanno prospettato possibili rischi cancerogeni per somministrazioni di creatina. Ad alti dosaggi e prolungati nel tempo.

Le “Linee-guida sugli alimenti adattati ad un intenso sforzo muscolare soprattutto per gli sportivi” consigliano un apporto giornaliero di creatina non superiore ai 6 grammi e per un tempo di somministrazione non superiore a 30 giorni.

Radicali liberi e antiossidanti nell’attività fisica

Molte ricerche hanno dimostrato come una intensa attività fisica, proporzionalmente alla sua intensità e durata, possa determinare un aumento dei radicali liberi causato da diversi possibili fattori, tra cui l’incremento del consumo di ossigeno, l’aumento dei fenomeni di ischemia, riperfusione nei tessuti muscolari, l’autossidazione delle catecolamine, il rilascio di metalli e l’attivazione dei leucociti neutrofili.

Bisogna tuttavia ricordare che l’allenamento e il carico fisico in genere se, da una parte, provoca un aumento dei radicali liberi, dall’altra aumenta i livelli dei diversi enzimi antiossidanti.
L’organismo è infatti dotato di complessi ed efficienti sistemi di auto protezione rispetto ai radicali liberi: le sostanze protettive così attivate vengono definite antiossidanti e, a loro volta, si distinguono in endogeni ed esogeni.

Gli antiossidanti endogeni sono per lo più enzimi che funzionano in abbinamento con alcuni minerali come il selenio, il rame, lo zinco, il manganese ed il ferro. Agiscono da antiossidanti anche altre sostanze come, ad esempio, l’acido urico, la bilirubina, la transferrina, l’albumina.

Gli antiossidanti esogeni, oltre ai suddetti minerali che si abbinano agli enzimi, sono la vitamina E, la vitamina C, il betacarotene, i flavonoidi, il licopene, il re¬sveratrolo, l’acido alfa-lipoico e l’ubichinone.

Principali antiossidanti negli alimenti

  • Oli: Germe di grano, girasole, soia,semi di colza
  • Verdure: Spinaci, broccoli peperoni rossi, cavolini di Bruxelles, patate, funghi, lattuga, carote, patate dolci, piselli, cipolla, barbabietola cavoli, pomodori, zucca gialla, bieta, cicoria, ruchetta
  • Frutta secca:Noci, nocciole e semi Arachidi, semi di girasole, muesli
  • Frutta: Mirtilli, fragole, arance, kiwi, agrumi, melone, albicocche, pesche, nespole, uva, papaia
  • Flavonoidi Bevande Tè nero e verde
  • Resveratrolo Frutta Uva a buccia scura

NEWS: Secondo alcuni ricercatori americani le ore migliori per praticare attività sportiva nell’intento di perdere peso sarebbero quelle del mattino.

Sport, la mattina il peso è sotto controllo

L’ora in cui si pratica attività fisica sembra influenzare sull’appetito, l’assunzione energetica e, indirettamente, anche il peso corporeo.

Gli studi hanno in proposito misurato con EEG, l’attività cerebrale di 35 volontarie messe di fronte a immagini di cibi o altro, dopo essersi o meno allenate al mattino. Metà del campione era costituito da donne normopeso, l’altra metà da donne obese.

Il primo giorno dell’esperimento le partecipanti hanno camminato a velocità sostenuta su un tapis roulant per 45 minuti, poi sono state sottoposte a un elettroencefalogramma per valutare l’attività neuronale in risposta alla visione di 240 fotografie, per metà di piatti con cibo e per metà immagini di fiori.

Una settimana dopo, nello stesso giorno e alla stessa ora, il test mediante l’EEG è stato ripetuto senza però la sessione di allenamento.

In entrambe le occasioni le partecipanti hanno compilato dei questionari relativi ai cibi mangiati e all’attività fisica praticata. I risultati dell’EEG hanno sostanzialmente evidenziato che dopo essersi allenate al mattino le partecipanti hanno mostrato risposte cerebrali meno marcate di fronte al cibo e dai questionari è emerso che l’attività fisica al mattino aveva spinto tutte, obese e non, a muoversi di più nel resto della giornata.

FARE SPORT FA BENE AL CERVELLO

Fare sport fa bene all’intestino. Questo ciò che mette in evidenza uno studio americano pubblicato su Gut. I ricercatori della University College Cork e della National University of Ireland hanno svolto analisi approfondite (fenotipizzazione metabolica e metagenomica funzionale) del microbioma intestinale di 40 giocatori di rugby. Ebbene, rispetto ai partecipanti che non praticavano sport (n. 46), l’attività del microbioma dei giocatori era marcatamente più elevata.

Ma perché è così importante che stia bene il nostro intestino e cos’è il microbioma? Innanzitutto è bene capire che non siamo mai soli: il nostro intestino, infatti, è colonizzato da migliaia di microorganismi (il microbiota) che formano un vero e proprio ecosistema, il cosiddetto “microbioma”. Questo ecosistema in condizioni di normalità è in equilibrio, uno “status quo” che può venire sconvolto da fattori sia esterni come, ad esempio, una scorretta alimentazioni, che interni, come lo stress. Eh sì, perché l’intestino è definito anche “secondo cervello” in quanto è costuito da una fitta rete nervosa che conta circa 100 milioni di neuroni, la cui azione è in gran parte indipendente rispetto a quella del “primo” cervello. L’apparato digerente è, inoltre, anche la sede dell’80% delle cellule del sistema immunitario nei bimbi e 60% negli adulti. Dunque, va da sé che un intestino che funziona bene condiziona in maniera positiva l’equilibrio di tutto l’asse mente-corpo.

Lo studio

Nello studio, in particolare, gli scienziati hanno evidenziato che rispetto a chi non praticava sport, gli atleti hanno mostrato un potenziamento, ad esempio, della biosintesi dei carboidrati. Inoltre, tra gli atleti ci sarebbe stato anche un aumento statisticamente significativo dei livelli di butirrato, associato con l’assunzione di fibre alimentari, e propionato, fortemente correlata all’assunzione di proteine. “L’esercizio fisico produce benefici nella composizione del microbiota e attenua lo stato infiammatorio – sottolinea Fergus Shanahan, che ha coordinato lo studio – Ma i vantaggi a livello di attività metabolica sono ancora più marcati. Fare sport non aiuta solo a livello cardiovascolare”.

Secondo David Pyne, dell’Australian Institute of Sport e dell’Università di Camberra, “l’esercizio fisico e le relative scelte di vita sembrano influenzare la diversità microbica e altri fattori che regolano le difese immunitarie e lo stato di salute. E anche se nell’immediato i medici non andranno a valutare la diversità microbica come parametro clinico, l’importanza della dieta e dell’esercizio fisico dovrebbe avere una considerazione maggiore nella pratica medica quotidiana”.

Etta Finocchiaro
Dott.ssa Etta Finocchiaro

Medico Chirurgo Specialista in Dietologia e Scienza dell’Alimentazione

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